lunedì 4 ottobre 2010

Don Isaia

Ora che sono in moto l'aria diventa ancora più fredda ma le lievi lacrime che affiorano non sono solo per il vento. Succede sempre così quando inizio a conoscere un luogo; e lo vivo davvero nel momento in cui chi lo abita me lo presenta attraverso i racconti e le esperienze, donandomi frammenti della propria vita. La luce del sole sta calando quando don Isaia mi abbraccia e mi ripete "non si dimentichi di noi, non si dimentichi di noi", mi guarda salire sulla moto e mi augura buona fortuna.


Abbiamo appena finito di pranzare ed arriva il momento del saluto:
"Sara, quando tornerà?"
"Non lo so, spero presto. Ora sarò in giro per la Bolivia per due mesi, forse finiti questi due mesi tornerò, o forse dovrò tornare in Italia..."
"Quando tornerà qui si ricordi di venire da me"
"Certo"
"E le insegnerò tutto quello che so, le piacerebbe sapere delle piante e come curare?"
"Certo, è per questo che sono qui"
"Allora sa dove trovarmi"
"Posso tornare questo pomeriggio? E' a casa?"
"Sì sono a casa"


Don Isaia vive fuori dalla città dove le strade non sono asfaltate e dove le case sono di legno o terra. Il suo salotto è all'aperto e mentre parliamo la sua signora sta cuocendo la cena e i bambini giocano felici nella terra. Il tavolo e le sedie sono di legno come anche la piccola costruzione alla nostra destra che ospita un letto. La proprietà è recintata e i bambini corrono entrando e uscendo dalla porta.
Isaia sorride orgoglioso sporgendomi i libri dai quali ha studiato, li guarda come fossero la prova del suo sapere che non si limita alla semplice conoscenza delle erbe medicinali ma si estende al mondo dell'occulto e della magia nera e verde, ovvero quella dell'amore. E' importante conoscere per sapere chi combattere perché la visione totale della complessità del reale ci permette di muoverci con cognizione di causa. Isaia ha una sua personale idea di ciò che è bene e di cosa significa aiutare, si definisce operatore di magia bianca, anche se di magia non si parla dato che opera con erbe, radici e cortecce. La sua scelta di diventare uomo di medicina nasce da una risposta vittoriosa alla sua cecità, cecità dovuta ad un'azione maligna di uno stregone probabilmente mosso da qualche persona invidiosa. Qui la conoscenza erboristica si fonde con la religione e con l'azione divina che porta ad una soluzione: il Signore gli dà la forza per guarirsi da solo. Chiede a sua moglie di prendere le foglie di una certa pianta e di applicarle sui suoi occhi. Il giorno seguente riacquistò la vista e iniziò la sua carriera da erborista studiando alla Sobometra de La Paz.
È un racconto di vita molto comune tra i medici tradizionali, anche africani, i quali devono prima vivere una forte esperienza di malattia che consente loro di acquisire la conoscenza della sofferenza per poi sconfiggerla, questo percorso gli permette di testare il rimedio per poi proporlo ad altri bisognosi.
Oltre agli attestati che con cura ripone in una cartellina mi sporge con orgoglio delle piccole lettere di pazienti che dichiarano di esser guariti dopo un suo intervento. Le parole battute a macchina e le rughe sul viso di Isaia non tradiscono gli anni trascorsi a compiere questo lavoro, che purtroppo ora nessuno dei suoi figli vuole intraprendere.

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